L'aereoporto dorme. Figure distese cercano di trovare ristoro nel sonno travagliato che questa sala "amica" offre. Più che amica dovrebbero chiamarla "anime in pena".La luce è fredda, malevola ed oltremodo forte; l'odore è quello di un pulito asettico che una frequente ed assidua squadra di addetti portano con se.Il viavai di persone si è fermato, una morte apparente prima della riapertura dei gate. Tutti dormono, a me il compito di guardiano dei sogni. In lontananza si scorgono le code degli aerei, girano attorno alla carcassa internazionale di questo scalo poco affollato, come squali in attesa che la preda si dissangui: dalla vita, dalle persone, le ultime arrivate in questa notte. Per un pò il cuore riprende a pulsare, una ventina di persone o poco più, irrompono nella sala con la forza di un'esercito di zombie che, dopo aver marcato la loro posizione alla toilette e ridestato dal torpore gli astanti, si spostano in un'altra stanza in cerca di carne fresca. Un'inserviente, forse preso dalla noia o dal troppo "entusiasmo" che questo lavoro porta, continua a lustrare i bagni, passando di fiore in fiore:"Comunque ottimo lavoro! Servizio igenico impeccabile".Mancano una manciata di ore all'apertura del bar, altri zombie si radunano davanti alle vetrine mugugnando qualcosa che da lontano sembra un rauco e soffocato:"Coffeeee... Coffeeee...". Porte che si chiudono, rumore di stridenti carrelli, passi isolati, macchinari e ventole che si azionano, è questo il suono di questa giungla di cemento, il suono di un micro-abitat urbano.Un gruppetto di hostess ha finito il turno, o forse lo incomincia. Mi guardo attorno, il collasso: drogati di melatonina, barboni che chiedono una tazzina di caffè, accampamenti di turisti nomadi...il paesaggio è desolato oltre che desolante. Fortunatamente è l'alba ed il sole si sta per levare, fuggono i primi vampiri, riparandosi con cappelli, sciarpe e magliette, i più coraggiosi, invece, indossano gli occhiali e tornano nei loro feretri di plastica appiccicosa e sudaticcia.Come Ulisse che, a bordo della sua nave, guardava Itaca in lontananza, io vedo il bar, la serranda si alza piano piano, silenziosamente, un pò MarleneKunz. Alcuni uomini della ciurma si levano dal sudario in cui erano avvolti, lentamente, quasi ad imitare un evento mistico. la luce si accende e quasi simultaneamente emergono dalla macchina del caffè, due figure eteree, l'aroma non tarda a svilupparsi, è già nell'aria.Io e la mia ciurma percorriamo gli ultimi metri piuttosto velocemente: dalla fiancata del nostro vascello sbordano i cannoni, vento di tempesta spazza il ponte, tutti sono pronti. Le mani affondano nelle tasche in cerca dei nostri dobloni, pronti ad affrontare il veliero delle colazioni:"All'abbordaggiooo!" grida qualcuno, atri, più moderatamente, chiedono:"un caffè, grazie". Mentre si avvicinano timorosi i superstiti della notte e gli ultimi appena sbarcati, noi raccattiamo in fretta le vettovaglie e guardiamo all'orizzonte, verso il tabellone dove ci segnala che tra poco aprirà la rotta che ci condurrà in oriente: stretti in un abbraccio, canzone mentale di One Piece sullo sfondo di un'alba che sarebbe meglio si fosse chiamata Jessica, lì dove il cielo è più blu, il riso più bianco e dove nessun uomo è mai stato prima, lì dove le Action Figures costano meno.
-diario di un nerd- aereoporto 05-09-2010